La storia d'Italia va tutta riscritta.
Proviamo a riscrivere la storia d'Italia sulla base di sei considerazioni,
aiutandoci con gli scritti di Ruggero Guarini comparsi sul mensile "
Versilia Oggi".
1) Lo stesso risorgimento dal quale nacque l'Italia unita, in effetti non è mai
avvenuto, giacché quel che accadde realmente non fu affatto, come
quell'espressione lascia credere, un risorgimento spontaneo di popolo, ma una
lunga guerra di conquista combattuta e vinta dal Piemonte (col sostegno di
un'esigua minoranza di cospiratori e di alcuni Stati europei) per annettersi un
pò alla volta tutti gli altri staterelli preunitari.
2) L' Italietta pre-fascista avrà pure meritato, per molti
aspetti, il celebre elogio di Croce, che vi scorse una pagina di ottima
"prosa" borghese seguita alla "poesia" del risorgimento, ma
l' inizio di quella pagina, essendo stato scritto al suono delle molte migliaia
di fucilazioni con le quali furono represse, nell'ex regno delle Due Sicilie, le
ultime resistenze filo-borboniche (ma arresti avvennero anche in Versilia) non
fu soltanto un esempio di "prosa" borghese, ma anche di terrorismo di
Stato.
3) Il regime fascista, benché nato anch'esso non già da
una insurrezione di popolo ma da un colpo di Stato appoggiato dalla corona, non
fu un regime di destra ma di "sinistra". Le sue principali invenzioni
(il partito unico, la soppressione delle opposizioni, l'identificazione dello
Stato col partito, l'irreggimentazione della gioventù,la statizzazione di vasti
settori dell' economia, il controllo dell'informazione, della cultura e dell'
arte e molte altre trovate scaturite dal suo estro totalitario) sono infatti le
stesse che in questo secolo hanno definito il profilo dei regimi comunisti.
4) La Resistenza non contribuì ad affrettare di un solo minuto la liberazione
dell' Italia dai tedeschi e dai fascisti, che furono messi in fuga dall'avanzata
angloamericana. La fine del regime mussoliniano è stata causata dalla sconfitta
dell'Italia nella seconda guerra mondiale, ed il
metodo democratico in Italia è stato possibile solo dal fatto che a liberarci,
per nostra fortuna, non fu l' Armata Rossa ma la Quinta Armata degli Stati
Uniti.
5) Il Sessantotto e i suoi estremi effetti (i gentili anni di piombo) non
coinvolsero affatto, come pretendono ancora i loro apologisti, un'intera
generazione, giacché a sognare in quegli anni di passare alla storia a furia di
assemblee, cortei, tumulti, espropri proletari, guerriglie urbane, attentati e
stragi furono poche migliaia di giovanotti violenti e vanesi che non sapendo far
niente volevano cambiare tutto.
6) Dalla rivoluzione di Mani Pulite scaturì il miraggio di
un lavacro universale che permise ai comunisti italiani (ex, post e neo) di
conquistare il potere lasciando che i loro avversari venissero messi fuori gioco
per via giudiziaria per un reato - il finanziamento illegale dei partiti - che
era stato commesso per decenni da tutte le forze politiche della prima
repubblica. Di più: i soliti monopolisti ne approfittarono per fare
incetta del patrimonio degli Italiani.
Ritorniamo ai primi punti di questo scritto.
«Il principale impegno del re si riassumeva nel preoccuparsi degli affari
suoi, disinteressandosi di quelli del governo», scrive un autore
certamente non sospettabile di secessionismo, Lorenzo del Boca (Presidente del
Sindacato nazionale dei giornalisti), nel suo bel libro "Maledetti
Savoia".
E poi «La lista civile a sua disposizione - cioè l'insieme dei beni
economici - era la più alta fra i Paesi d'Europa. Gli zar costavano meno; costa
meno la regina d'Inghilterra e le spese della Casa Bianca sono più
modeste.
Nel 1867 il suo appannaggio raggiunse la cifra di 16 milioni, pari al 2 per
cento del bilancio complessivo dello Stato».
Tutto questo veniva da lontano.Ricordiamoci che le truppe sabaude, al grido
"I denari o la vita" (bella sintesi dei futuri programmi
politici unitari...) entrarono in Genova, la saccheggiarono, la
misero in ginocchio con furti, omicidi, stupri e tante altre belle cose. Come
racconta un testimone oculare - riportato dal professor Leonida Balestrieri -
"in ben oltre trecentocinquanta famiglie
di San Rocco degli Angioli, di San Teodoro e di San Lazzaro, come risulta dai
documenti raccolti al Municipio, infuriò la bestialità delle forsennate
milizie, che sfondavano gli usci delle pacifiche case, e tutto mandavano a ruba. Oltre
agli averi dei cittadini si diè piglio ai vasi sacri, ed agli arredi dei
templi, si stuprarono le vergini, le madri insultavansi ; nel palazzo del
Principe Doria si fecero ingollare ad alcuni de' nostri prigionieri gallette inzuppate
di sangue. Diversi ufficiali, quelli in
ispecie de' Bersaglieri, furono i primi a bottinare animando coll'esempio i
soldati.
Ma ciò basti per ora. La storia infamerà cogli scritti
chi si infamava coll'opere !".
Quest'ultima affermazione fa molto pensare: magari la
storia "avesse infamato"! Invece i libri di storia ignorano
sistematicamente la rivolta del '49; persino tomi ben più consistenti di un
normale libro da Liceo, come la Storia d'Italia Einaudi (8 volumi, 4 dei
quali dedicati, interamente o in parte, al Risorgimento) dedicano
all'insurrezione non più di due righe.
Oltre al danno la beffa: a Lamarmora che sosteneva che "Non merita riguardo
una città di ribelli" Vittorio Emanuele II, congratulandosi per la
vittoria, replicava - in data 8 aprile 1849 - definendo i genovesi una
"Vile e infetta razza di canaglie" - come ricorda in un suo
scritto il giornalista Carlo Stagnaro -.
Ciò nonostante questa "vile e infetta razza di canaglie", sentendosi
ferita quando nel 1994 si ventilò l'idea di dedicare ai Bersaglieri una
strada, reagì con la nascita del Movimento Spontaneo Alessandro de
Stefanis, che contestò duramente (e purtroppo invano) l'oscenità che
stava per avvenire. Come recita il volantino diffuso a suo tempo dal Movimento,
"La storia non si cancella e nessuno è autorizzato a perdonare
nel nome delle vittime"; neanche Ciampi coi suoi proclami a favore
dell'Unità d'Italia, realizzata col sangue e la violenza.
A Ricordo dei tragici avvenimenti, uno dei proiettili che caddero
sulla città è visibile ancora oggi in via Porta Soprana al 23. A seguito del
bombardamento, invalse infatti l'uso fra il popolo di murare «in loco», le
palle di cannone che avevano colpito le abitazioni. Questa, è una delle poche
superstiti, sopravvissute alle numerose demolizioni delle quali è stata oggetto
la città vecchia, nell'area compresa fra Pammatone e Porta Soprana - il cuore
della Genova di allora-.
Sedata la rivolta, dopo aver concesso Genova al sacco della soldataglia,
Vittorio Emanuele II scrisse in francese una lettera ad Alfonso La Marmora in
cui, dopo essersi congratulato col suo degno generale, insultava e ingiuriava i
genovesi definendoli vile ed infetta razza di canaglie.
Questa lettera è stata per la prima volta pubblicata da Carlo Contessa in
"Miscellanea di studi storici" in onore di Giovanni Sforza - Lucca,
Baroni, 1918, pp. 664-665 -.
L'originale autografo è conservato all'Archivio di Stato di Biella, fondo
Ferrero della Marmora, serie Principi, cassetta VI-11, fascicolo 141 (come ci
ricorda in un suo scritto Franco Bampi).
Grazie per l'attenzione.
Romano Redini
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