Riceviamo da Siena
e volentieri pubblichiamo la seguente lettera scritta dai liberi Senesi di
Montaperti al Prefetto di Siena.
Per la dott.ssa Giannola, Prefetto
di Siena
Egr.gia Dottoressa,
non è stata resa pubblica la Sua lettera al sindaco Cenni e al rettore Saladini
a proposito della violenza paliesca. Intuendone però i contenuti, desideriamo
illustrarLe quali siano i reali sentimenti di ogni Senese a tale riguardo,
fidando che Ella vorrà apprezzare
una franchezza che da qualche tempo a Siena sembra diventata merce rara.
I Senesi non sono affatto meravigliati di certi accadimenti. La “violenza”
in Piazza è storia vecchia ormai di un migliaio di anni. Data da
quando i Senesi decisero che tutti i cittadini maschi dai 15 ai 70 anni,
inquadrati sotto le insegne delle rispettive compagnie militari, si
dovessero esercitare periodicamente in Piazza, affrontandosi con armi
gentili. Si voleva infatti che tutti fossero addestrati all¹arte della
guerra, perché ai cittadini e a nessun altro era affidato l¹ordine
pubblico e la difesa della Città. Il Palio, una sorta di “guerra”
ritualizzata, non è che l¹erede ingentilito di quei tornei e la sporadica
violenza che ancora vi si manifesta è ciò che rimane di quelle antiche
esercitazioni guerresche.
Ecco perché i Senesi, fieri di questa loro millenaria e straordinaria
tradizione di civismo, non solo non provano meraviglia alcuna per quanto
talvolta succede, ma non se ne sentono assolutamente minacciati. Avrà infatti
notato che gli attori di quegli “eccessi” non sono facinorosi abituali né
criminali incalliti, ma gente comune, esattamente come cittadini comuni erano
quelli che si cimentavano nei tornei istituzionali del Medioevo: impiegati,
imprenditori, professionisti, studenti, tutti membri irreprensibili di
irreprensibili famiglie (non volendo con ciò dire, ovviamente, che debbano
ritenersi al di sopra della legge).
C¹è ben altro di nuovo invece che ci meraviglia assai e che sentiamo, a
differenza dell¹antica e occasionale “violenza” del Palio, come una
minaccia alle nostre persone ed alle nostre cose. Lei saprà certamente che
questa era una Provincia in assoluto tra le più serene d¹Italia e saprà
altrettanto bene che oggi invece noi non ci sentiamo più sicuri nelle nostre
strade (assai meno sicuri che nel Campo durante il Palio) e nelle nostre case e
perfino negli autobus pubblici e agli sportelli bancari. E ciò nell¹arco dell¹intero
anno. Noi sappiamo che le forze dell¹ordine fanno il possibile, ma non possiamo
non rilevare l¹evidente sproporzione esistente tra la Sua censura ai mitissimi
Senesi per quella sporadica “violenza” del Palio che non preoccupa nessuno,
e l¹evidente insuccesso nel controllo e nella repressione della giornaliera,
diffusa e crescente violenza praticata da gente che viene da fuori, cosa che
invece ci preoccupa e molto.
Veda, signor Prefetto, nonostante gli ultimi 500 anni di regimi dispotici, a
Siena ancora crediamo che non i Cittadini debbano stare al servizio dello Stato,
ma questo al servizio di quelli (già nel 1300 Ambrogio Lorenzetti affrescava
mirabilmente questo concetto nel Palazzo Comunale). E vogliamo continuare a
crederlo.
Ecco, questo, in fin dei conti, è il motivo che ci ha mossi a scriverLe.
Nell¹augurarLe
buon lavoro, la salutiamo distintamente.
Quelli di Montaperti
P.S.: Abbiamo chiesto ai mezzi d'informazione di diffondere questa nostra
lettera.
P.S. del P.S. Orecchiando Dante potremmo dire:
Siena si fé. Coll'oro, con l'arte, in molte guise.
E con l’arme. Disfecela il
Granduca più la Spagna,
lo straniero Savoia del suo ci mise,
colla Repubblia poi 'un ci guadagna.
La Redazione di Toscana Popolo Sovrano
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