Amo spesso ripetere che un paese è tanto più avanzato
quanto più la società civile è forte rispetto ai partiti e viceversa.
Gli esempi, non mancano. Basta guardarsi intorno. Non credo esista
eccezione a questa regola. Insomma nella storia non è mai successo che la
"predicazione" di un partito stia all'origine di uno sviluppo positivo
politico-socio-economico-culturale di una comunità. Anzi.
Non si sfugge alla necessità dell'organizzazione; dicono i politici di
professione che vogliono diventare capi e capetti per organizzare il
nostro futuro a loro beneficio e vantaggio e poi guardarci dall'alto in
basso.
Anche nel Medioevo ci si organizzava, si dirà : ma c'é modo e modo.
Prendiamo ad esempio Siena, che è la realtà storica che conosco meglio (negli
altri comuni era più o meno la stessa cosa, ma a Siena forse furono più
bravi). A Siena due fasce erano escluse dalla politica. I nobili (una fascia
ovviamente ristretta almeno sul piano numerico) e la plebe (altra fascia
abbastanza ristretta), ambedue perchè ritenure e a ragione pericolose per la
libertà repubblicana: nobiltà e plebe vanno sempre d'accordo. La plebe non era
così numerosa come si potrebbe immaginare. I nullatenenti, senza professione
arte o mestiere, che vendevano la propria forza lavoro, erano relativamente
pochi. Non facciamoci condizionare dalla nostra società industrializzata, dove
gli operai sono così numerosi (ma non sono mai stati maggioranza ed ora sono in
forte regresso). Allora la maggioranza era fatta di borghesi, grandi, medi,
piccoli e piccolissimi. Era una società di banchieri, mercanti, bottegai e
artigiani. Ancora lo si può vedere nelle società che oggi sono a quello stadio
di sviluppo, dove la plebe, poverissima, è numericamente marginale ( ricordo
Siena o i paesi della provincia di 50 anni fa: ancora risentivano di quella
organizzazione sociale: quanti bottegai, anche piccolissimi, quanti calzolai,
quanti falegnami, quanti sarti e sarte!). Comunque quella plebe era proprio una
plebe, i sottoproletari, il lumpenproletariat a cui neanche Marx (un
"progressista" di seicento anni dopo!) riconosceva capacità politica
e comunque la riteneva pericolosa.
Gli abitanti della città oscillavano tra 20.000 e 50.000. Nel periodo novesco
al governo erano in nove, estratti a sorte e in carica per due mesi, senza
rinomina se non prima di tre anni (ma solo se riestratti a sorte). Dunque, in
quei quattro anni si alternavano al potere almeno 216 persone, tutti
capifamiglia (la famiglia era una comunità nella comunità e non poteva avere
più di un rappresentante nel governo). Se la famiglia era composta almeno di
dieci individui, in quei 4 anni era come se 2160 persone avessero avuto una
volta almeno il potere di governare. Ma quei nove contavano poco, non potevano
emanare leggi di nessun tipo, neanche decreti legge. Il potere stava tutto in
mano agli oltre 300 del Consiglio generale, che decidevano su tutto (i
nove avevano solo potere di proposta). Ancora una volta non più di uno per
famiglia, tirati a sorte e in carica per un anno non rinominabili alla scadenza:
in due anni era come se 6000 persone fossero state nel Consiglio generale.
Sicuramente più della metà dei cittadini (ossia dei capifamiglia) almeno una
volta nella vita avevano ricoperto una di quelle cariche. Ma anche quello del
Consiglio era un potere limitato. Una parte importante del potere, almeno quello
amministrativo (ma non solo) stava fuori dal governo e dal parlamento, era
diffuso nella società. La città infatti era organizzata in decine di
magistrature (la Biccherna, il Capitano del popolo, il Podestà ...), Enti (lo
Spedale, il Monte, l'Università ...) in centinaia di corporazioni economiche e
professionali, compagnie militari territoriali, compagnie religiose laicali,
strutture amministrative territoriali (le Contrade di oggi), tutte con compiti
pubblici più o meno forti, tutte con forti autonomie politiche, amministrative
ed anche giudiziarie. Le compagnie militari, per esempio,(una quarantina) si
autogestivano, eleggevano i propri capitani e ufficiali (sempre con forti
rotazioni). Pensa all'autonomia del Monte che ancora nel Seicento emette una
sentenza di morte in contumacia per un cassiere scappato con la cassa. Ogni
cittadino (anche nobile, anche plebeo: così si recuperavano ai diritti-doveri
politici quelli che si potrebbero pensare come esclusi) poi era necessariamente
membro non di una ma di diverse (anche dieci e più) di quelle strutture
(compagnia militare, corporazione economica o professionale, compagnia laicale,
misericordia ecc.). Tutti i cittadini insomma, chi più e chi meno, facevano
"politica".
Il popolo non contava un tubo, si usa spesso ripetere. Pensate che la Chiesa non
aveva alcun potere sul popolo, mentre oggi, grazie ai ds può perfino pretendere
di contare nella Fondazione e prima, grazie alla DC, scorrazzava nella Banca.
Non a caso allora l'arcivescovado e le cariche religiose maggiori erano affidate
in esclusiva alla nobiltà, che era stata privata di ogni potere politico. Le
esigenze della vita religiosa, i riti, la beneficenza, se li gestivano in
proprio i "popoli", costruendosi la propria chiesa ed eleggendosi i
propri preti: non il nome di un arcivescovo è rimasto nella storia della città,
almeno fino alla Controriforma, quando le signorie, ormai sostituitesi ai liberi
comuni, cedettero tutto alle autorità religiose: chiese e riti religiosi,
compagnie laicali, istruzione, ospedali, controllo sulla scienza ( ricordiamoci
di Galileo Galilei) e sull'arte (velatura del nudi della Cappella Sistina) ed
anche sulla giustizia (Inquisizione). Lì è cominciato il fascismo e non è più
finito (fino ad arrivare ai nostri giorni con Berlusconi, Bossi, Fini).
Quel sistema è ancora oggi, in Italia, considerato arcaico, rozzo, arretrato,
antico, confusionario, inefficiente, inefficace, perfino ridicolo. Ma si tratta
solo della propaganda "fascista" (dai Medici in poi, fino ai partiti
di oggi): sarebbero guai se oggi 10.000 o 100.000 in Italia scoprissero come me
che si trattava di un sistema perfetto. Perché un sistema politico non si stima
dalla teoria, ma dai risultati. Siena era una delle città più ricche e
evolute, anche culturalmente e socialmente, del mondo (ma quando mai un governo
"popolare" moderno ha pensato di obbligare i professori universitari a
insegnare a leggere e scrivere agli analfabeti?).
Tanto fu efficace quel sistema che oggi Siena vive esclusivamente - e bene! -
per quello che fu fatto allora, sei o settecento o ottocento anni fa (il Monte,
lo Spedale, l'Università, l'Arte (il turismo). Niente di neanche lontanamente
paragonabile ci hanno dato i sistemi politici che succedettero a quello, e meno
che mai quello dello stato unitario e ancora meno quello dello stato
repubblicano (con buona pace di tutti quelli che dicono che il merito del
benessere senese è degli attuali governanti: ma si può essere più ignoranti o
più ottusi o più ipocriti?).
Quanto ho detto ,anche solo in parte,basta e avanza per fare di quel periodo un
gigante politico e del nostro un nano!
Dimenticavo: quel sistema non ebbe teorici o ideologi o filosofi che lo
ipotizzassero a priori. Non se ne conosce uno. Questi vennero dopo, nel 1300 a
cose fatte (i comuni esistevano già tra il 1000 e il 1100). Si chiamavano
Marsilio da Padova e Bartolo da Sassoferrato (ma anche Petrarca, Dante ...) e
teorizzarono la "sovranità popolare", una cosa assolutamente
rivoluzionaria (perché la sovranità per definizione fino a quel momento
atteneva al sovrano), ma ciò a rivoluzione fatta, e fatta dal popolo, un popolo
senza capi, predicatori, apostoli o martiri (beato quel popolo che non ha
bisogno di eroi, diceva Brecht!).
"Organizzare, vivere nell'organizzazione, districarsi fra i problemi
del giusto e dell'ingiusto, della giusta ambizione e dell'arrivismo, del potere
per un giusto fine e del potere fine a se stesso, con fatica, pazienza,
costanza, severità e tolleranza." Questi i "desiderata" di oggi.
Questo è quello che fu fatto allora: proprio per evitare l'ingiustizia,
l'arrivismo, il potere fine a se stesso, misero in piedi quel sistema
politico-sociale (potere diffuso e con forte mobilità, sorteggi, contrappesi al
potere). Loro ci riuscirono noi no. Loro all'epoca erano il meglio del mondo,
noi oggi no.
Infine: tutto questo non si trova nei libri di storia (a parte Ascheri) e meno
che mai nei libri di scuola, se non raramente e solo per esprimere critica
negativa ed anche derisione. E ciò a ragion veduta: guai se il popolo prendesse
consapevolezza di cosa è capace di fare (prelati e politici tutti licenziati e
disoccupati).
Ma non così gli autori anglosassoni, i detentori della massima cultura del
mondo (tanto che ci stanno sostituendo la nostra lingua con la loro: se non è
cultura forte la loro!...), che ne parlano ancora in termini di grande
ammirazione e da lì, non dalla Grecia, né da Roma, né da Carlo Magno, né dal
Cristianesimo, fanno partire l'origine dell'Occidente. Altra grande ipocrisia è
quella dei detrattori della cultura occidentale (mi dispiace, ma ha ragione
Berlusconi quando dice che la nostra è una cultura superiore, anche se poi
ipocritamente e demagogicamente ritratta): ma te lo immagini, caro lettore, il
mondo di oggi senza la cultura occidentale (di cui pure Marx - sul quale gli
Americani sono gli unici ad avere corsi universitari - e Gramsci sono parte), te
lo immagini in che mondo vivremmo? Ti pare roba da poco se ai liberi Comuni
italiani si deve l'origine del pensiero politico occidentale?
Mauro Aurigi
P.S. Il Comune di Siena aveva un fondo speciale per indennizzare i propri
funzionari che nell'esercizio del loro incarico incorressero nella scomunica:
nel difendere gli interessi della Repubblica non dovevano arretrare neanche
davanti al Papa! Ottocento anni fa! Pensa invece oggi a Veltroni e D'Alema,
immortalati in prima fila alla santificazione del fondatore dell'Opus Dei. Ma
come fai a parlare male di quel sistema politico e bene di questo basato sui
partiti, ds compresi?!
P.S. del P.S. Dopo
la controriforma, tu dici, nasce il fascismo.
Il "potere" inteso dall'alto verso il basso, dove il popolo non
conta un tubo. E sono d'accordo.
Parafrasando il padre Dante potremmo dire ...". Vuolsi così colà
dove si puote ciò che si vuole .." .
Ma noi amanti della Democrazia Diretta e dell'Autogoverno non dobbiamo
dimenticare di mettere sull'altra faccia della medaglia il comunismo: una
tirannia ancora più raffinata .
Qualcuno l'ha definito, non a torto: il fascismo che è andato all'università.
La redazione di TPS
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