ultimo aggiornamento: 22 aprile 2008
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22/4/2008

NOVITA': Pamphlet Filippo Mazzei

 

30/3/2005

FIAT  LUX et LUZI FUIT

di Vezio Gai

 

20/1/2005

Da S.Francesco a Macelloni

di Vezio Gai

 

24/9/2004

L'esercito di mestiere : un salto nel buio

di M. Aurigi e V. Gai

 

5/6/2004

Prossima fermata: l'inferno

di Vezio Gai

 

11/07/2003

Risposta alla lettera del 7 luglio

di Vezio Gai

 

07/07/2003

Presidente Ciampi venga a Pontedera

di Vezio Gai

 

02/07/2003

Napoleone : tiranno di ieri e tiranni di oggi

di Romano Redini

 

16/04/2003

Genova, falsi storici recidivanti

di Romano Redini

 

11/04/2003

Da Fedro una lezione per Vittorio Feltri

di Vezio Gai

 

10/04/2003

Lettera ad un amico

di Mauro Aurigi

 

 

04/04/2003

I partiti sono necessari ? I nostri.... no

di Mauro Aurigi

 

23/03/2003

La bandiera americana è nata in Toscana

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24/02/2003

Il bel paese là dove 'l sì suona : la Toscana

di Mauro Aurigi

 

18/02/2003

Siena e il suo Monte, una storia lunga cinque secoli

di Mauro Aurigi

 

23/12/2002

L'Europa ci sarà matrigna

di Romano Redini

 

21/11/2002

Incontro a Pistoia

di Romano Redini

 

8/11/2002

Funari...rimandato a ottobre

di Vezio Gai

 

2/11/2002

Corrispondenza da Siena

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Terra....terra ...la Svizzera !

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30/10/2002

UN FUTURO INCONTRO

 

 

21/10/2002

Per un pugno di euro

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13/10/2002

Il popolo sovrano mette k.o. la Fiat

di Vezio Gai

 

24/09/2002

Chi potremmo essere

di Romano Redini

 

18/09/2002

Lucca e i Gesuiti : un braccio di ferro col Papa durato ottant'anni

di Romano Redini

 

13/05/2002

Evviva il gonfalone !!! ... anzi No

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12/05/2002

Lettera ai Pistoiesi che non vanno a votare

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22/02/2002

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Ultimissime dal fronte

di Vezio Gai

 

19/02/2002

Nanni Moretti : quello che voleva scagliare la prima pietra

di Vezio Gai

 

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Lettera di risposta al comunicato stampa dell'Ass. magistrati del 26 Gennaio 2002

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18/01/2002 :

I Costituenti: rappresentanti del popolo a 24 carati o oligarchi?

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13/01/2002

Franco Rasetti : raro esempio di Ulisse dantesco dimenticato

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10/01/2002

La nostra Costituzione senza babbo e senza mamma

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05/01/2002 :

DELENDA CARTHAGO

di Vezio Gai

 

30/12/2001 :

Dalla Lira all'Euro

di Vezio Gai

Titolo:
18/09/2002    Lucca e i Gesuiti : un braccio di ferro col Papa durato ottant'anni
In questa città si è persistito tanto nell' amore per l' indipendenza del pensiero da non permettere mai che prendessero piede in Lucca i Gesuiti e l'Inquisizione . Questa frase, buttata là senza retorica nella Storia di Lucca di Lazzareschi e Pardi, sorprende e incuriosisce viste le prevenzioni che tuttora circolano in Toscana a proposito di Lucca: Lucca guelfa e papalina, la Città dalle novantanove chiese, Lucca bacchettona e codina, una provincia bianca in una Toscana rossa, Lucca democristiana e via di seguito...
 L'impressione che si trae ripercorrendo con calma un carteggio custodito nell'Archivio di Stato sull'ammissione dei gesuiti in Città, è che i Lucchesi siano sempre stati, prima e soprattutto, solo Lucchesi.
In ottant'anni, con 480 governi (sei ogni anno), in fatto di Gesuiti e d'Inquisizione, l'atteggiamento non ha mai registrato il minimo cambiamento, pur tra professioni di fede e di filiale umilissima devozione; e questo finché è durata la Repubblica. A questo si aggiunga che Lucca fu "la più protestante città d'Italia" e sede, secondo Philip McNair, "della prima ed ultima facoltà teologica riformata nell'Italia pre-tridentina". Non era poco, per tempi in cui l'Inquisizione romana era di fresca istituzione (Paolo III, 1542). In definitiva l'azione dei Governi lucchesi fu sempre ispirata a una scrupolosa laicità, ritenuta irrinunciabile garanzia di libertà e d'indipendenza di pensiero e scevra da ogni fondamentalismo. Ne fa fede, appunto, la lotta diplomatico-epistolare, ingaggiata e vinta dalla Serenissima con la Santa Sede per impedire ai Gesuiti l'ingresso e l'insediamento nella Città.
 Come nei rarissimi Stati rispettosi della libertà degli individui, e dei gruppi di individui, anche a Lucca ci si adoprava affinché gli interessi di parte, economici o spirituali che fossero, non portassero nocumento all'interesse della Comunità. Il Governo si muoveva con prudenza estrema tra gruppi di pressione che agli occhi della Serenissima dovevano apparire enormi, inarrestabili, come gli eserciti messi in campo dall'Impero o le paure dell'inferno messe in campo dalla Chiesa.
 In questo scenario, siamo in piena inquisizione, ricordiamolo, e gli Stati si erano schierati con la Chiesa contro gli eretici (l'eresia religiosa costituiva una concreta minaccia per l'ordine costituito), qualsiasi variazione che potesse turbare un equilibrio precario veniva valutata attentamente e possibilmente, rinviata al mittente. E in questo scenario giunse a Lucca da Roma, con lettera dello sp Ottavio Saminiati datata 27 gennaio 1581, la notizia di come i Padri Giesuiti trattassero di mettere in questa Città, casa o Convento dell'Ordine loro, sotto nome della Compagnia di Giesù, chiamati Giesuiti e da altri Teatini.
Gli Anziani nominarono una commissione di sei cittadini che si occupasse della cosa. I Sei inviarono a Roma uno di loro, Salvatore Guinigi, in veste di 007, debitamente istruito a ritrovare il molto magnifico et eccellente signor Parensi, esperto di faccende papali e di gesuiti, metterlo al corrente che il Consiglio riteneva che "in modo alcuno questi [Giesuiti] non venghino ad habitare nella città nostra, essendo questa di qualità che non può, senza manifesto pericolo, recettare simil sorte di huomini",  e infine di indagare sugli umori romani.Il 12 aprile 1581 il Guinigi riferì agli Anziani del colloquio avuto in gran segreto e delle impressioni ricavate da sondaggi ad alto livello in una lettera di cui riportiamo uno stralcio.
 "(...) Giunsi a Roma alli 6 del presente, e fui il giorno medesimo con l'amico, e li conferì il negotio, secondo le SS.VV. mi havevano ordinato: il quale ne sentii molto dispiacere, considerando che questi huomini sono di qualità, che quando mettono il piede in un luogo, fanno come il riccio, e cercano sempre di tirare a loro; che Teatino non vuol dire altro, che tira a te; e perciò non pigliano nella loro Religione (Ordine)  furfanti o poveri, ma cercano di subornare giovani ricchi, che possino portare molto utile; e chi li ha per vicini, non si tiene padrone del suo, perché se li viene volontà di allargarsi, bisogna star forte; chi ha la vigna vicina alla loro, bisogna che commetta al vignarolo che chiuda la porta subito che li vede, perché applicandoci l'animo, saria perduta; e che il fine loro è di mangiare bene, e bevere meglio, e di governare tutte le cose nel tempo e nello  spirituale, con malissima soddisfatione dell'universale, e con pericolo che un giorno non segua qualche disordine notabile. Onde conchiuse che, bene e non tirate sarebbero quelle fatiche che s'impiegassero per tenerli lontani,(...)"

Il Guinigi scopre anche che, con l'avallo di papa  Gregorio XIII (Ugo Boncompagni di Bologna), era già stato deciso di comprare il Priorato di S. Giovanni per stabilirvi la sede lucchese dei Gesuiti. A tal fine era stato contattato il Priore stesso, all'epoca il  Reverendo M. Christofano Turrettini, che li darebbero ricompensa anche di maggior valore. Messer Turrettini, in quel tempo anch'egli a Roma, conferma la cosa a Salvatore Guinigi informandolo che..." si disegnava che si fabbricasse un Collegio, perché vi si leggessero ogni sorte di lettioni, acciò che la gioventù, che havea da venire al governo della Repubblica, fusse ben instrutta". Era proprio quello che la Serenissima temeva e che  intendeva assolutamente evitare. Scongiurato dal Guinigi a non cedere alla proposta, ricordandogli "quanta alteratione portino alla città le nuove religioni, e come ogni buon cittadino era obligato a rimuovere li pericoli dalla sua patria", il Turrettini, riuscì a declinare l'offerta adducendo motivi personali, in effetti per il timore malignamente insinuato dal Guinigi, che in caso di morte del papa, "quanto a ricompensa, potrebbe ancora restare in bianco". Fu il granello di sabbia che inceppò il primo tentativo di introdurre a Lucca la nuova Religione.

 Quarant'anni dopo, nel 1624, regnante Urbano VIII (Maffeo Barberini di Firenze, sotto il cui pontificato si svolsero i processi a Galilei e a Campanella), con lettere da Genova e da Roma, giungono a Lucca notizie allarmanti su "come si negotiasse di sopprimere la Religione dei Padri di S.Maria Cortelandini per unirla ai Giesuiti".  Questa volta fu inviato a Roma , Attilio Arnolfini che procurasse d'impedire tale unione. Un aiuto prezioso giunse inatteso da Firenze dal cardinal Capponi, che fece sapere "di dare calore al negotio, acciò la Repubblica potesse conseguire l'intento suo". L' Arnolfini invero trovò papa Urbano VIII disposto a compiacere la Repubblica di cui conosceva l'avversione a ospitare i gesuiti. Ebbe solo da far fronte alle perorazioni del card. Barberino che insisteva sull'argomento, ma se la cavò da par suo rimarcando "che hoggi havevamo in mano un certissimo e presente gran bene, che però non conveniva, né per conscienza, né per buon governo, che eleggissimo di lasciarlo per un altro futuro et incerto bene". Lucca e la Repubblica tenevano bene...
Nel 1651, con Innocenzo X (Giambattista Pamphili di Roma) vengon fatti altri tentativi d'introdurre i gesuiti a Lucca, "con occasione di anteporre temperamenti all' eccellentissimo Consiglio per l' educatione della gioventù; ma dopoi moltiplicate revisioni, l'eccellentissimo Consiglio restò servito di metterlo da parte, e non volerne sentire più trattare".
Invece nove anni dopo, nel 1660, Alessandro VII (Fabio Chigi di Siena) ci riprova. E Carlo Guinigi che è a Roma per trattare il "negotio delle Marine fra la Republica Eccellentissima et il Capitolo della Catedrale" (un'appendice matildina) in cui è coinvolta anche la Spagna, ai primi di febbraio informa il Consiglio dell'incarico, affidatogli dal Papa, di richiedere alla Repubblica l'ammissione dei Padri giesuiti, come era avvenuto, ha sottolineato il Papa, anche a Venetia dove .."fu questo negotio molto arduo e difficile, ma in gratia nostra si superorno tutte le difficoltà". Il Guinigi non si sbilancia e accenna a possibili difficoltà al negotio, assicurandosi però,"quando non riuscisse di unirsi i voti de' cittadini in tal deliberatione, a disporre l'animo di Sua Beatitudine a non sdegnarsene". Né perde l' occasione per affermare:"Mi sono disposto a fare tutto ciò che sarà in mio potere per servire alla Santità Vostra (...)" precisando subito però, che "io sono obbligato a servire alla mia Repubblica con ogni attenzione". Il giorno dopo un gesuita (Padre Paolo Ottolini) gli fa visita per esprimergli il giubilo di tutta la Compagnia come se fosse cosa fatta, mentre una "persona che non deve nominare" lo informa che i gesuiti contano già di avere, a Lucca, le entrate del collegio Sinibaldo, il denaro che il Consiglio dà ai maestri pubblici e la chiesa di S.Pietro  Somaldi. La notizia dell'incarico al Guinigi aveva già fatto il giro di Roma e si erano già individuati e prenotati quattrini e immobili.

La lettera del Guinigi mette in subbuglio il governo della Serenissima che convoca il Governo per il 24 febbraio; nel frattempo giungono anche un Breve di Sua Santità accompagnato da una lettera del cardinale Chigi datati 14 febbraio 1660, con cui si presenta la richiesta di introdurre i gesuiti a Lucca rilevando come "fiorisce sì nobilmente fra i Padri della Compagnia di Giesù la pratica e la maniera di insegnare, che tra le principali città così dell'Italia come di altre provincie catoliche, a pena rimane hoggi veruna, la quale non habbia ancor egli voluto esperimentargli".
Il Consiglio valuta attentamente gli argomenti portati dal Papa a favore dei gesuiti e, dopo aver avvertito la cittadinanza che "non pareva conveniente, che per tutte le botteghe e piazze si parlasse  di loro con tanto strapazzo, come se si discorresse d'ammettere gli Hebrei", passa a contestarli uno per uno con puntigliosità precisa e inappellabile, qui brevemente sunteggiata.

1°- Che Lucca non aveva bisogno di un Collegio speciale per educare i giovani.

2°- "Che il servirsi i Prencipi di loro nelle materie politiche era forse il più forte motivo per tenerli lontani". (..) Che "i Padri Giesuiti, quali ingerendosi, com'è loro costume, nelle materie politiche, non li riuscirebbe penetrare (solo)le nostre attioni, ma l'intentioni ancora, e così fare consapevole delle nostre debolezze i Principi confinanti". 

3°- "Che per quello riguardava la salute dell'anima, non haveva bisogno la  città nostra di nuove Religioni". 4°- "Che se la Republica voleva qua persone Religiose d'intelligenza e valore, non li mancava modo di ottenerle, e servirsi di loro senz'ammettere i Giesuiti". 5°- "Che la Republica non haveva bisogno di sottigliezze d'ingegni, poi che mai era stata meglio governata, che quando i suoi cittadini erano mercanti..". 

6°- "Che doveva farsi con gravezza dell'Erario pubblico  (figuriamoci!). 

7°-Che il dire di non poter fare acquisto di beni stabili non bastava; l' esperienza ci haveva fatto conoscere, che un solo fraticello haveva dato tanti fastidi alla Republica, da che poteva arguirsi quello haverebbero fatto i Giesuiti" (non è chiaro a quale fraticello  si fa riferimento).

8°- "Che al particolare che si dice che i Giesuiti non vogliono niente del nostro, sarebbe necessario che fossero vivi quelli che havevano anche avanti tenuto questa opinione, e che vedessero, che già d'hora possedevano in questo stato più di trentamila scudi; che bisognerebbe che confessassero quanto si erano ingannati in simile credenza". 

9°- Che c'era da chiedersi perché volevano venire a Lucca "mentre erano nella maggior parte del mondo. Che si muovessero(..)per salvare le anime, non poteva dirsi; che non essendo questo paese né la China  né il Giappone, volessero venirci per ricevere la corona del martirio, si poteva escludere; bisognava concludere, che la sola causa era, che riconoscendosi essi patroni del restante del mondo, non potevano soffrire di non havere anche a dominare  in questo piccolo angolo della terra".

10°- "E per ultimo, fu accordato da tutti, che si dovesse dire no all'ammissione dei gesuiti senza mancar di rispetto al Papa, per cui "presentemente dovesse rispondersi per le generali, senza assentire o dessentire alla richiesta fatta". 

Fu decretato pertanto che sei Cittadini, in base alle informazioni, ai documenti e ai concetti esposti dal Consiglio, preparassero "dentro l'hora del giorno di domani, sotto pena di scudi cinquanta per ciascuno", le lettere di risposta, da approvarsi poi dal Consiglio stesso. Le lettere scritte e approvate, furono poi spedite allo sp. Carlo Guinigi perché le presentasse; di ciò dette conto il Guinigi con sua lettera delli 8 marzo, di cui si riporta il passo seguente. "Nostro Signore gli haveva domandato qual difficoltà credesse che facesse maggior forza per l' ammissione desiderata; a che havea risposto, che altre volte havea sentito dare grande apprensione a molti la facilità che hanno i Padri giesuiti nell' ingerirsi nell'interessi temporali; come ancora credeva potesse adesso dispiacere, che, mentre si trattava questo negotio col giuramento di secreto, essi si mostrassero così bene avvisati di tutto. (..) Et havendo soggiunto, che chi haveva maneggiato quest'interesse a Roma, saria stato necessario che havesse detto alla Santità Sua la pura verità di tutto ciò che per l'addietro era succeduto, Sua Beatitudine disse queste precise parole: Questi  giesuiti cominciano ad havere un quarto di frate: bisogna farli stare più ritirati, e non permettere s'imbarazzino tanto".
E' l'inizio della fine della lunga battaglia. Il Cardinale detto di Santa Susanna(?), fratello del Gonfaloniere in carica Bartolomeo Spada, avvicina Nostro Signore e gli suggerisce di "dare proroga indifinita al negotio" trovando il Papa consenziente a questa soluzione. Il 15 marzo 1660 ne dà notizia agli Anziani perché possano "dirigere il negotio a questo fine, anzi a questo silentio", e a questi non par vero di dare carta bianca al Card. Santa Susanna, il quale ringrazia per l'onore  aggiungendo: "mi farò lecit di non entrarvi, potendo credere, che già Sua Santità presupponga che resti l' affare come addormentato; onde non stimo bene risvegliarne il proposito, e però consiglierò anche il signor Carlo Guinigi ad astenersene".
E l'affare è tutt'oggi come addormentato.
Rimane da aggiungere la testimonianza dell' Ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede che riferisce per scritto, il 23 ottobre 1660, come sia stato avvicinato dai Gesuiti e da questi richiesto di far dipendere l' "affare delle Marine dal negotio" della loro ammissione a Lucca, suscitando però le sue vive proteste e la riaffermazione della stima e della sua simpatia per la Repubblica di Lucca.
 Gli Anziani infine, il 16 novembre 1660, approvano una relazione stilata da tre sp. cittadini e in cui è contenuto tutto ciò che ha riguardato il contenzioso sulla mancata ammissione della Compagnia di Gesù nella Città di Lucca. La relazione, in cui si rileva "che quando la Republica havesse condesceso  ad ammettere questa nuova Religione ne' suoi Stati, si sarebbe potuto dire che havesse fatto un atto di pietà, ma non di prudenza", dovrà servire ai posteri e sarà da riguardare a ogni elezione di pontefice o comunque ogni qualvolta le circostanze lo richiedano, aggiornandola se necessario.  Ed è da questa relazione che si è brevemente sunteggiato questo articoletto , sperando di aver dato un'idea di quanto grande e diffuso fosse tra i Lucchesi l'amore per la libertà e   l'indipendenza di pensiero. Non resta che chiarire che le frasi fra virgolette sono espunti fedeli dell' originale, conservato presso  l'Archivio di Stato di Lucca -Serie A, Armario I, n° 53.2°.

Romano  Redini  

 

     
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