Riceviamo e volentieri diffondiamo la lettera aperta di un
senese doc, che dice la sua ex toto corde.
Lettera aperta a Don Giulio
LA DIFESA DELLA LINGUA, QUESTIONE DI ORGOGLIO E DIGNITA'
Caro Don Giulio, non ho condiviso il suo sarcasmo per la decisione del Consiglio
Comunale di non usare più termini inglesi.
Il congresso dei Ds si chiama "I care", e il motto della campagna dei
radicali per la Bonino alla presidenza della Repubblica è "Emma for
president". Quelli di An, che evidentemente in fatto di cultura non sono
proprio il massimo, celebrano il "Crime day" (letteralmente: il giorno
del crimine). E la "devolution" della Lega? E il "question
time" del Parlamento? E la politica "bipartisan"?
M'è passata davanti un'ambulanza del Monte Amiata con la sua bella scritta
"Advanced life support service" e un'altra, senese, che annunciava di
essere "Rescue Leader".
Caro Don Giulio, entri in una farmacia e si diverta a leggere sulle confezioni
dei prodotti esposti sul banco: tutto in inglese, tutto prodotto in Italia per
gli Italiani. C'è perfino il "Freeliver" (fegato
libero).
Guardi le insegne dei negozi o nelle vetrine: ha mai visto il cartello "it's
pizza time" o l'insegna "Hair Studio" o quella "Fitness
center", "sportswear", "fastfood"? Se il negozio
è in restauro ha la sua brava scritta "coming soon" e se vende
cravatte si chiama "tie shop" (e non metto in conto il Monte dei
Paschi, perché lì c'è un problema patologico).
Oggi non c'è Italiano che non dica OK, mentre "trend", "feeling",
"look", "escalation", "tilt", "break",
"drink", "single", "magazine",
"audience", "news", "show", "shopping",
"black out" (potrei continuare per un'intera pagina), si sprecano nel
linguaggio di tutti i giorni. Perfino semianalfabeti (o analfabeti) di ritorno
hanno un'invidiabile padronanza di termini come "small",
"medium", "extralarge", "underwear".
Per sua scienza le mando la foto di una scatola di latte prodotto in Italia per
il mercato italiano dove non campeggia la scritta "latte", ma
"milk".
Guardi che io sono consapevole che la lingua italiana è fatta per oltre la metà
di termini acquisiti nel corso di un millennio da altre lingue, come l'arabo o
il greco o il longobardo, ma erano vocaboli che non esistevano nella nostra
lingua e che comunque sono stati subito italianizzati. No, oggi non c'è alcuna
necessità del genere, c'è solo una pesante sudditanza culturale: stiamo
lentamente sostituendo la nostra
lingua con quella del padrone bianco. Ci stiamo comportando come i popoli più
arretrati, quelli che non hanno una lingua scritta o quelli che hanno subito la
dominazione coloniale,
dimenticandoci che proprio noi siamo i depositari del maggior lascito
storico-culturale del mondo.
E' una questione di orgoglio e di dignità. E' una questione di
indipendenza e autonomia. E quella culturale, con la lingua come fatto basilare,
è la forma più piena di indipendenza e di autonomia. Cosa me ne faccio
dell'indipendenza politica se non ho come presupposto l'indipendenza culturale?
Oggi capisco la rabbia di Toro Seduto e Nelson Mandela. Oggi capisco quei
maestri altoatesini che di notte salivano alla baite per insegnare la lingua
tedesca ai ragazzi dei masi, rischiando il carcere perché le leggi di
Mussolini lo proibivano.
No, caro Don Giulio, questo degli Italiani è puro servilismo ed io che non sono
servo di nessuno plaudo al Consiglio comunale che ha preso la decisione (e a
Fiorenzani che l'ha proposta). Anzi, il nostro Comune, che credo sia la prima
pubblica amministrazione a prendere una decisione del genere, meriterebbe il
plauso di tutta la Nazione.
Mauro Aurigi
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